che piovve, con corollario di spettacolari saette
Dopo una lunga attesa che ha indotto serie crisi d’astinenza, dopo un parossistico crescendo di filmati che poco o nulla aggiungevano (salvo gli ultimi due o tre contenenti scene nuove), dopo la premiere hawaiana dalla pessima qualità audio (ma nel momento del bisogno ci si accontenta e ci si arrangia), dopo cinque anni, dopo mille e una teoria … finalmente, stanotte, è iniziata la sesta e conclusiva stagione di Lost con un doppio episodio. Un doppio episodio estremamente denso e la densità non è dovuta alla crisi di astinenza, l’inizio della fine ci porta in dote una serie di risposte (magari a prima vista non si vedono ma ci sono) e, sopratutto, ci ha riportato il Lost degli inizi, quel Lost carico di mistero a metà strada fra l’esoterico ed il metafisico che si era perso fra improbabili divagazioni sentimental-popolari; è tornata l’eterna partita a scacchi fra il bianco ed il nero dove il bianco non è mai completamente bianco ed il nero spesso tende al grigio, dove il bene ed il male (a patto di saperli identificare) non sono semplicemente avversari ma, in maniera molto più complessa, complementari. Con le prossime puntate avremo modo di capire se l’atterraggio a LAX è quel che accade in uno del possibili multiversi (come da molti sospettato nelle passate stagioni) o piuttosto un banale “come sarebbe andata se”; intanto la versione beautiful è stata accontentata facendo correre la stupida lentigginosa dal suo amato bene, abbiamo avuto una vaga idea di cosa sia successo al giovane Ben ferito da Sahjid, abbiamo (forse) intravisto la famigerata lista di Jacob ed abbiamo infine avuto due citazioni di Apocalypse Now con “il traduttore” che è la copia di Dennis Hopper / Reporter embedded ed il mitico John (far)Locke che somiglia sinistramente al Colonnello Kurtz.
… ed ora una lunga settimana d’attesa, ma ci siamo abituati.
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